Impugnare il provvedimento di revisione dell’assegno di divorzio: cosa dice la Cassazione

Scopri come impugnare il decreto sulla revisione dell’assegno divorzile: limiti, motivi ammessi e orientamenti della Cassazione sull’articolo 111 della Costituzione.

Introduzione: la revisione dell’assegno di divorzio e la possibilità di impugnare

Quando un ex coniuge chiede la revisione dell’assegno di divorzio (art. 9 Legge n. 898/1970), il procedimento può concludersi con un decreto del Tribunale e, in caso di reclamo, della Corte d’Appello.
Ma come si può impugnare questo provvedimento?
La recente ordinanza della Cassazione Sezione I, 3 febbraio 2025, n. 2545 ha ribadito principi importanti sul ricorso per Cassazione avverso tali decreti, richiamando l’articolo 111 della Costituzione.

Inquadramento normativo: l’articolo 9 della legge sul divorzio e l’articolo 111 Cost.

La Legge sul divorzio (L. 1° dicembre 1970, n. 898, art. 9), modificata dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, disciplina la revisione delle condizioni economiche post-divorzio, incluso l’assegno di mantenimento.

Se il Tribunale decide con decreto, e questo viene reclamato alla Corte d’Appello, il decreto della Corte d’Appello è:

  • Definitivo,
  • Decisorio sul diritto delle parti.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione, il provvedimento è impugnabile solo con ricorso per cassazione, limitatamente alla denuncia di violazioni di legge sostanziale o processuale.

Quando si può impugnare il decreto di revisione

Secondo l’ordinanza n. 2545/2025, il decreto della Corte d’Appello può essere impugnato in Cassazione esclusivamente per:

  • Violazione della legge sostanziale (ad esempio errata applicazione dell’art. 9 L. 898/1970),
  • Violazione della legge processuale (ad esempio omessa motivazione o motivazione apparente).

Non è ammessa in Cassazione una semplice richiesta di riesame delle prove o di diversa valutazione dei fatti.

La motivazione come requisito essenziale del provvedimento

L’obbligo di motivazione da parte del giudice civile è un requisito di forma essenziale.
La Cassazione ha chiarito che la violazione dell’obbligo motivazionale è denunciabile come violazione di legge solo nei seguenti casi:

  • Motivazione mancante,
  • Motivazione apparente (conclusioni senza reale ragionamento),
  • Motivazione contraddittoria o incomprensibile.

In questi casi, il vizio deve emergere direttamente dal testo del decreto senza ulteriori accertamenti.

Procedura pratica per l’impugnazione

Se ritieni che il decreto della Corte d’Appello presenti uno dei vizi sopra indicati, il procedimento da seguire prevede:

  • Redazione di un ricorso per cassazione da parte di un avvocato cassazionista,
  • Notifica alle altre parti,
  • Deposito del ricorso in Cancelleria nei termini di legge (60 giorni dalla notifica del decreto reclamato).

Sono fondamentali competenze specialistiche in diritto processuale civile e diritto di famiglia.

Il ruolo dell’avvocato cassazionista

In questa fase delicata, è indispensabile affidarsi a un avvocato abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione.
Il cassazionista:

  • Analizzerà la presenza effettiva di vizi censurabili,
  • Formulerà correttamente i motivi di ricorso,
  • Gestirà tutto l’iter tecnico davanti alla Suprema Corte.

Un errore nella redazione del ricorso potrebbe comportare la dichiarazione di inammissibilità e la perdita definitiva del diritto.

Conclusioni: tutela dei diritti solo nel rispetto dei limiti processuali

La possibilità di impugnare il decreto che decide sulla revisione dell’assegno divorzile è strettamente delimitata ai vizi di legge.
È fondamentale agire tempestivamente e con assistenza qualificata.
Contatta il nostro Studio Legale per ricevere assistenza nella valutazione del tuo caso e nell’eventuale predisposizione del ricorso in Cassazione.


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